lunedì 28 gennaio 2008

l'architettura costituzionale

e adesso, uno si chiede.
elezioni subito?
oppure governo istituzionale?
che poi sarebbe lo stesso di "governo tecnico"?
quanto ci piacevano, questi termini, quando studiavamo diritto costituzionale. ci sentivamo parte di qualcosa di grande. di una comunità espressione del massimo grado di civiltà possibile. lo stato di diritto. le regole, e il rispetto delle regole, e il rispetto degli altri. il parlamento sembrava il luogo in cui si scriveva la storia e si postulavano i principi della convivenza civile.
poi vennero i cappi.
e gli sputi.
e le mortadelle.
sono passati dieci anni dai giorni in cui cominciai a studiare diritto costituzionale (o pubblico, come lo chiamano, più sbrigativamente, a scienze politiche o a economia), uno in meno (pressoché esatto, era senz'altro gennaio) da quando mi sono seduto davanti al professore fratello di una nota e sobria conduttrice televisiva per sostenere l'esame. ovviamente non ricordo di cosa parlammo. non andò troppo male, né troppo bene. ricordo quasi solo che quel professore si stiracchiò, togliendo già così un po' della riverenza che sentivo di dover sentire nei confronti di una tale materia. oggi sono combattuto. perché nonostante quel che vedo in televisione, quel che leggo sui giornali, continuo a provare un profondo rispetto, oserei dire una certa passione, per le regole su cui si fonda la società che quotidianamente mi capita di percorrere. regole che pure non funzionano più tanto bene, se è vero che è stato possibile che accadesse lo scempio a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. ma il vicolo è cieco, non c'è dubbio.
e noi continuiamo ad aver fiducia.
a qualcosa, prima o poi, forse servirà.

mercoledì 23 gennaio 2008

cogli occhi asciutti nella notte scura

è legittimo disinteressarsi completamente di quello che sta succedendo a un paio di chilometri da qui? mastella e i mastelliani, prodi e i prodiani, casini e fini e b. e i cosisti della cosa rossa. il governo non c'è più. o forse sì. lo sapremo dopo palazzo madama. o forse non si arriverà manco a quello. cos'è più dignitoso? la fuga, la resa, la pervicace resistenza sul proprio scranno?
e dini che come sempre invoca il governo tecnico, e fini che un mese fa prometteva solennemente di non voler avere più niente a che fare con b. e ora dice che -ovvio- se si va al voto il centrodestra è unito e b. sarà il candidato, e mastella che forse se ne rimane a ceppaloni, e fisichella che vota no o forse non vota che così sarebbe un nì tutto sommato buono per il governo, e turigliatto che non si smuove manco morto dalle sue sacre posizioni, e i senatori udeur che vai a vedere che alla fine ce n'è qualcuno che tradisce clemente I, e veltroni che non sa che pesci pigliare, e napolitano che celebra la costituzione, e pininfarina che -prima o poi doveva succedere- sta male e non ci si può fare affidamento, e infine i nostri occhi, a cui non riusciamo a credere più, che mica è possibile che tutto ciò sta veramente accadendo, mica è possibile che questo è il nostro paese, mica è possibile che questi siamo noi, proprio noi, esattamente noi, qui, ora, davvero.
è legittimo disinteressarsi completamente di quello che sta succedendo a un paio di chilometri da qui?
no.
purtroppo no.
buona fortuna, amici miei.

lunedì 21 gennaio 2008

tra una chiesa e una stazione

grigia parigi, dove la notte si scioglie tra birra e pastis negli angoli tra pigalle e montmartre, dove il cielo piove o se non piove ammonisce che il sole potrebbe anche non splendere mai più, dove le donne passeggiano con la tavolozza confusa delle loro pelli e i loro occhi mezzo tristi e mezzo indispettiti dagli sguardi altrui, dove la senna inghiotte i ricordi e i mercati non finiscono mai.
e la tua vecchia amica, col suo cappello da pittrice o da dipinto, ebra di tutto ciò, e i tuoi compagni improvvisati che si perdono nell'assurdo di tanta diversità, e gli occhi della donna della tua vita che frullano di gioia e di quasi sconosciuta adeguatezza.
in mezzo a parigi, ogni tanto, può capitare che ci sia anche tu, alieno senza lingua e con la bocca piena di dolci e caffèallatte, e pensi allora tutte le storie su questo posto da qualche parte dovranno pur andare a finire, pensi forse un giorno anch'io qualcosa a qualcuno racconterò.

mercoledì 16 gennaio 2008

dagli al magistrato

il magistrato li indaga e loro dicono che è un attacco politico.
il magistrato li mette dentro, o mette dentro le loro mogli, e loro dicono che è un tiro al bersaglio.
poi vanno in parlamento, quasi piangendo si dimettono, e raccolgono la solidarietà di tutti, ma proprio tutti, gli scranni.
amici, nemici, per un giorno uniti.
bene, abbattiamo pure ogni credibilità della magistratura.
neanche fosse uno dei tre poteri dello stato.
per difendersi occorre delegittimare l'altra parte, senza entrare nel merito. ovvio che è così. appannaggio dei berluscones, credevo. invece funziona così anche dalla nostra parte (perché sì, mastella è dalla nostra parte).
lasciamo perdere.
e lasciamo perdere il papa, operazione mediatica di nessuno spessore. sarebbe stato meglio nell'ordine: non invitarlo; non farla troppo lunga sul fatto che fosse stato invitato; non proibire ai contestatori di contestarlo. peccato.
così mi congedo, confidando in giove pluvio, che si prenda una vacanza anche lui. parigi con la pioggia un'altra volta, no.
au revoir

martedì 15 gennaio 2008

ma cominciar comincia

e poi si va a paris.
vorrei prepararmi leggendo vila-matas, caustico e illuminante. "parigi non finisce mai", feltrinelli. vedremo se riuscirò a procurarmelo prima della partenza. mai letto vila-matas? se potete, fatelo. purché sentiate il bisogno di evadere in una dimensione fatta di sarcasmo e virtuosi mulinelli intellettual-letterari allo stato puro. poi c'è anche un romanzo, "il viaggio verticale", che io ho fruito in spagnolo. non male.
oppure un francese, ma adesso come adesso non me la sento. voglio dire, un vero francese. no, non ora.
(ma prima di partir, forse, a questi lidi tornerò)

mercoledì 9 gennaio 2008

bin barak

non sarebbe meraviglioso se come presidente gli stati uniti d'america avessero un negro il cui nome differisce per una sola lettera da quello del nemico pubblico numero uno (dichiarato, almeno) del paese? un po' come se all'eliseo finisse uno che si chiama materazze, o al quirinale uno che si chiama berluscono.
ma io temo proprio che non succederà.
intanto a roma è tornato l'autunno. poco altro da segnalare.
take care.

giovedì 3 gennaio 2008

meglio del tre

è che se uno passa un'intera giornata al freddo poi va a finire che il freddo non gli si toglie di dosso nemmeno andando dritto all'inferno, e sì che ad avere l'indirizzo, lo giuro, partirei seduta stante. oggi al lavoro fa ancora freddo, anche se gli altri dicono che no, va meglio, rispetto a ieri è tutta un'altra cosa, e allora mi sa che è proprio il caso di preoccuparsi. la mano destra, d'altronde, fatica a scaldardsi da settimane, come se ogni giorno si svegli in ritardo di qualche ora rispetto al resto del corpo. ma i dottori dicono no, va tutto bene, it's only in your head. sarà. fuori non piove ma potrebbe da un momento all'altro, e sì che l'ombrello se n'è volato via in treno verso perugia insieme a chiara, mentre sul tappetino della mia macchina parcheggiata per la prima volta sotto la finestra della mia casa romana è rimasta in pegno una pietra color bordeaux che a giudicare dall'occhiello dorato che le sta appicciato doveva appartenere a qualche orecchino di qualcuna delle donne che ho trasportato a capodanno.
nel frattempo il nuovo disco dei rem ha un nome che è anche un bel nome ("accelerate"), e per gennaio dobbiamo attenderci il nuovo disco dei baustelle e il nuovo disco dei 24 grana, e poi a febbraio, dicono, quello di elio e le storie tese, mentre di fronte a chi mi manifesta il suo terrore perché, è ovvio, tempo qualche mese e ci ritroviamo di nuovo il nano al governo io mi sento preoccupantemente distante, direi quasi indifferente, e questo vuol dire che c'è qualcosa che non va, perché è tutto vero, ed è vero, sì che è vero, che questo non sarebbe mai dovuto capitare.
ma, come dicevo ieri a bozzi, il due è sempre meglio dell'uno. e il tre del due. il quattro, poi, già me lo l'immagino come sarà.

mercoledì 2 gennaio 2008

8

è andata. anche per stavolta.
buon nuovo anno.
(e poi qualcosa di cui parlare lo troveremo)