lunedì 2 agosto 2010

I Baustelle a Spoleto


Di seguito la recensione al concerto dei Baustelle a Spoleto di martedì 27 luglio, uscita sul "Corriere dell'Umbria" del 29 luglio.




Raccontatelo a qualcun altro che è il ventisette di luglio. Noi che stasera siamo venuti a sentire i Baustelle a Spoleto lo sappiamo che non è vero. Per piovere non piove, anche se l’ha fatto per un buon pezzo di pomeriggio, ma c’è un’aria gelida che ti morde la faccia, e il vento che s’alza ogni tanto ti entra nel profondo delle ossa. Con questo freddo il concerto si svolge in un clima surreale, lo patisce la gente e lo patiscono pure i musicisti sul palco, anche se la bella Rachele Bastreghi, nel suo tubino a righe molto Sixties che gli lascia scoperti molti centimetri quadrati di pelle, non fa una piega.


Gli altri sono tanti, per trattarsi dei Baustelle, visto che al trio reduce della formazione originale – Rachele, appunto, più Francesco Bianconi e Claudio Brasini – se ne aggiungono ben cinque, di musicisti: basso, batteria, chitarra, tastiere e fiati. Una piccola orchestra, insomma. Tutta un’altra dimensione rispetto al minimalismo degli esordi, quando dal vivo, in effetti, la band toscana faticava non poco a reggere i livelli raggiunti in studio. Ma oggi sono in otto, là sopra, e allora stiamo a vedere come se la cavano.


Al terzo giro tocca già a Le rane, il pezzo più trascinante del nuovo disco, non a caso scelto come secondo singolo e con un bel video in rotazione già da un po’, e in un batter d’occhio la platea si disfa e tutti, o quasi tutti, s’ammucchiano sotto il palcoscenico a ballare. “Avete fatto bene, a star seduti faceva troppo freddo”, dirà subito dopo Bianconi. Che del terzetto sembra quello più in forma. Canzone dopo canzone dimostra che nel tempo non è cresciuta solo la qualità della sua scrittura, ma anche la sua capacità di giostrare puree dal vivo i registri di una voce bella, baritonale e complicata. Forse ha studiato meno lady Bastreghi, invece, che se quando canta nei dischi riesce a costituire un valore aggiunto indiscutibile alle canzoni dei Baustelle, in versione live, alle prese con le sue tracce vocali sempre parecchio impegnative, appare il punto debole del gruppo. Brasini, dall’altra parte, più o meno fa il suo, mentre l’affiatamento dell’ensemble allargato si manifesta solo a fasi alterne.


Però la gente, comunque tanta e comunque entusiasta, non ci fa troppo caso, canta le canzoni a memoria e reclama a gran voce quelle vecchie, e alla fine, “perché ce la chiedete sempre da subito e a noi piace essere un po’ cattivi”, viene accontentata con una potente Gomma, classico pescato dall’esordio Sussidiario illustrato della giovinezza del 2000 che dopo meno di due ore chiude degnamente il concerto. Questa notte di un luglio travestito da novembre ribadisce il concetto: i Baustelle, senz’altro tra i migliori autori e interpreti di canzoni della loro generazione, li apprezzi di più se li ascolti su disco. Freddo o non freddo.