venerdì 2 settembre 2011

Intervista a Elio - bis


L'intervista a Elio uscita sul Corriere dell'Umbria di venerdì 2 settembre 2011.


Il Caffè Latino è un locale parecchio fashion che s'affaccia sulla placidità delle sei del pomeriggio di piazza Matteotti, nel cuore di Città di Castello. C'è un tizio in pantaloni corti seduto su un divanetto all'angolo del gazebo che sta sfogliando il programma del Festival delle Nazioni. Fischietta, e aspetta il suo tè caldo, accerchiato da una piccola corte di giornalisti, fotografi e addetti stampa. Tre o quattro ragazzini che stanno attraversando la piazza si fermano a guardare, si danno di gomito. Forse l'hanno visto in televisione, forse lo conoscono per il pezzo di storia della musica pop italiana che ha scritto insieme alla band di cui è il frontman da trent'anni. Evidentemente sono eccitati da quella vista, ma non stupiti. Lo sanno di sicuro anche loro che da lì a poche ore quel tizio farà uno spettacolo in città, proprio per il Festival. Magari loro non c'andranno, perché a sedici anni è difficile che uno finisca in un teatro a vedere Gian Burrasca, ma questo vuol dire poco. Quello è Elio, dicono, Elio che aspetta un tè in un bar di Città di Castello. Poi il tè arriva, lui se lo beve, e in un paio di minuti è pronto. Intervista. Collettiva.

Prima la televisione, poi la carta stampata: tutti, uno dopo l'altro, parlano, tutti possono ascoltare. E voi, adesso, leggere. Per cominciare citano Wikipedia e gli chiedono cosa è cambiato dai tempi di John Holmes. "Venti chili in più", dice lui. Poi sembra farsi serio: "Artista? Musicista? Giudice? Io in realtà sono nient'altro che un uomo del fare". Come non detto. "Ma soprattutto del fare bene, o almeno del tentare di fare bene le cose", e qui è serio davvero. E' un concetto su cui insiste, e non da oggi: "La gente dà sempre meno valore alla capacità di far bene le cose. Vale per chi fa musica, chi fa teatro, chi fa televisione".

Lui in effetti ne fa tante, e tutte egregiamente. Magari molta gente lo identifica con l'Elio giudice di X-Factor e nulla più, ma poco male. "I preparativi dell'avventura su Sky? Stanno andando bene. Morgan pare pure essere tornato in sé". Notiziona. Poi la politica. E' vero che non sei di sinistra, come titolava un paio di mesi fa Vanity Fair? "Sì e no. Voto la gente onesta, tutto qua. E questo centrodestra di certo non lo voterei mai. Anche se dall'altra parte... E' una bella lotta. Ma era grosso, il titolo?". Pare di sì. E l'Italia? Se quindici anni fa era la terra dei cachi oggi cos'è? "La terra dei cachi marci". Semplice. Quanto a Gian Burrasca, "ormai so che non è più solo una mia idea, ma che alla gente piace. È una certezza". E infatti la sera, a San Domenico, cinquecento persone. Poi precisa: "Tutti a chiedermi quanto si somigliano Elio e Gian Burrasca. Ma guardate che il vero Gian Burrasca è Lina Wertmuller (regista dello spettacolo, ndr)".

E ancora il baseball - "come mi piacerebbe tornare a commentare le partite" -, e la Milano di Pisapia. "Ancora non è successo niente. È adesso che il gioco si fa duro". Mangoni, ovviamente, aspetta una telefonata da Palazzo Marino. "Forte dei suoi 1.068 voti", dice Elio, pure qui serissimo, "si merita senz'altro un incarico di responsabilità. Un assessorato no, ma certamente una delega per occuparsi in qualche modo di cultura". E se la Dandini trasloca a La 7? "Magari la seguiamo. È una che ci fa fare quello che vogliamo". Ultima cosa, dicci del nuovo disco degli Elio e le storie tese. "Ci stiamo lavorando. E se ci danno la direzione artistica o il Dopo Festival andiamo pure a San Remo".