giovedì 11 ottobre 2007

the picture of socialists

Ton****, dice Trippa, fa una vita insostenibile. Lavora anche dieci ore al giorno, artorna, cena e poi se mette a guardà la televisione o esce.
E dicendolo appare seriamente sconvolto. Io lo fisso perplesso. Questo grande grosso amico pieno di peluria fulva e la sua stramba idea di come dovrebbe rapportarsi l'uomo col lavoro, e più in genere con la vita intera. Non ha senso, mi spiega, ammazzarsi di lavoro. Meglio puntare sulla qualità che sulla quantità. Il che, detto da lui, fa effettivamente un certo effetto. Ma al di là delle facili ironie sul corpo di Trippa, a cui d'altronde non si potrebbe che voler un gran bene, è il Trippa-pensiero che fa riflettere. Forse influenzato da queste ciarle da autobus mattutino, forse dall'anniversario della morte del Furibondo Serna, ieri mi sono svegliato con un'incontenibile slancio anticapitalista. Per qualche istante, nel momento del trapasso dal dormiveglia alla prima torbida veglia, ho avuto la netta percezione di aver colto il nocciolo della questione. Il senso delle cose, quasi. Certo che sarebbe il caso di lavorare meno e guadagnare di più, in modo da poter passare il resto della giornata leggendo, andando a teatro o al cinema, o ascoltando musica, o a girar per musei, o incontrando persone, amici o nemici che siano, o giocando a pallone, o facendo qualsiasi cosa che possa arricchire il nostro essere uomini del ventunesimo secolo. Certo. E, qui sta il punto, certo che sarebbe possibile, se solo riuscissimo a metterci d'accordo in modo da dividere tra tutti quello che pochi signori si spartiscono lasciando invece agli altri nient'altro che briciole e fatica. Abituati come siamo a quel che c'è toccato, tendiamo a non renderci conto che lo status quo non è né scontato né naturale. Anzi, a ben vedere appare piuttosto irragionevole. Ho scoperto, ieri mattina, che ci vorrebbe il socialismo. Ma lasciate perdere il marxismo, mettete da parte Markuse, non date troppa retta a Gramsci. Io - e ieri me lo sono semplicemente ricordato - sto con Wilde, il mio caro Oscar, il miglior socialista che abbia mai conosciuto. Leggetevi piuttosto il suo "L'anima dell'uomo sotto il socialismo", e ci capiremo benissimo. Il socialismo come presupposto dell'apoteosi individualistica, dio mio, certo, è così, come potevo averlo trascurato. E allora oggi stesso andiamoci a prendere ciò che ci spetta.
Fiori in spalla, compagni, amici, seguitemi verso la luna.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Pienamente d'accordo! Anche perchè sono diventato anche io uno che "Lavora anche dieci ore al giorno, artorna, cena e poi se mette a guardà la televisione o esce". Magari, se posso, la televisione la evito, ma la sostanza è quella. Sarei anche pronto ad andare "a prendere ciò che ci spetta", ma come? Dove? Materialmente dai padroni? Nella società? In questa società? Dandoci alla macchia gridando alla Rivoluzione? Con chi? Dietro a chi, poi? Chi ha la soluzione, è ben accetto. Sono convinto, purtroppo, che la nostra generazione sia stata calciata indietro di due secoli. Siamo uomini del XIX e non del XXI secolo. Abbiamo gli stessi diritti di allora e lo stesso livello culturale di massa. Forse si, forse andare sulla Luna sarebbe la soluzione migliore.

Anonimo ha detto...

Raga,

non esagerate con le droghe

Anonimo ha detto...

A sto giro sono pienamente d'accordo con Trippa sul tema del lavoro, e il socialismo prima o poi si affermerà, credo lo pensi anche 'l mi' babbo. Comunque che io mi ricordi, mio padre lavora tutt'ora dieci ore al giorno, mio nonno ne avrà lavorate anche 12 e vedo operai tedeschi che ne lavorano una media di 11 al giorno. Non credo che il problema pioritario sia quanta parte della giornata porta via il lavoro, ma dare il giusto valore a quelle stesse ore e riconoscere i diritti di chi quelle ore non le passa al cinema, ma magari tra polveri tossiche. Mo messaggio a Sternardi

Anonimo ha detto...

ma il mio era un ragionamento a un altro livello. aereo. trippa è sostanzialmente uno scansafatiche che ha una concezione assurda del lavoro. dico solo che in potenza non ci sarebbe nessun motivo ostativo a una condizione in cui tutti possano godere delle cose del mondo dedicando meno tempo al lavoro. res sic stantibus l'unica soluzione è fare un lavoro che ti piace.

Anonimo ha detto...

ma 'l tuo ragionamento l'evo capito, la mia osservazione era per la solita lamentela di Trippa, che in parte condivido...salut au monde, mo artorno al lavoretto calabrese mio

Anonimo ha detto...

bravo forno, che capisci i miei ragionamenti. calabrese in che senso?

Anonimo ha detto...

nel senso del ca...nel senso del ca...nel sneos del cazuuuuu

Anonimo ha detto...

pensa a lavorà

Anonimo ha detto...

Ricordo a tutti i BAMBOCCIONI che il sottoscritto ha colto le mele per un mese, fatto il cameriere a capodanno, sgobbato al McDonald e lavorato in una ricevitoria ippica per cinque anni. Un anno ho fatto anche volontariato, per San Silvestro, con i barboni di Roma. Non è che non ho voglia di lavorare, è che ritengo che sia giusto e sacrosanto non ammazzarsi e - se possibile - coniugare lavoro e piacere. Io lo faccio, da individualista, come Wilde. Mi diverto molto. Guadagno medio-poco, ma ho pure ricominciato a leggere i romanzi. Gli ultimi due: Ivo Andric e Orhan Pamuk, che consiglio a tutti.

Anonimo ha detto...

Zandonai ancora ti rimpiange...