venerdì 25 luglio 2008

tutori della legge

Martedì 15 luglio, sette e mezza di sera. Il pakistano urla, sbraita, si dimena fendendo l’aria con un mazzo di rose rosse. C’è un ragazzo rasato che lo tiene a fatica per il collo, da dietro. Una “cravatta” vigorosa. I due si trascinano lungo il marciapiede che costeggia via dei Fori Imperiali, a un passo dal Vittoriano. Si trascinano perché l’asiatico, pakistano, indiano, bengalese o cingalese che sia, sta cercando di scappare, e l’altro non lo molla. Poi arriva un poliziotto, e si fionda subito sull’uomo di colore, cercando di bloccarlo a terra. Usa le maniere forti. Ma quello cerca di sgusciare, non si calma, continua a urlare parole incomprensibili per chi non conosce la sua lingua. Ma è evidente che chiede aiuto.

E l’aiuto gli arriva, un po’ strampalato, da una ragazza magrolina che s’avvicina e dà due leggeri colpi sulla schiena dell’uomo rasato. Poco sotto la spalla, di palmo, quasi goffi. In quel momento un altro agente si fionda sui quattro, e mentre con una mano cerca di dare il suo contributo per bloccare il pakistano prende a male parole la ragazza. «Ma che fa? Non vede che ci siamo noi, che c’è la polizia? Lei ha dato un pugno a un vigile urbano in borghese, come si permette? Guardi che portiamo dentro anche lei». Lei non indietreggia di un passo, anche se ha il naso del poliziotto a un centimetro dal suo. «E che ne sapevo che era un vigile urbano? E poi lo stava strozzando. E poi non ho dato nessun pugno».

Nessun pugno, vero, giusto quel paio di colpetti. Poi la scena si sposta poco più in là, quasi a ridosso del Vittoriano. I due poliziotti e il vigile urbano in borghese portano con le cattive il pakistano vicino alla loro volante parcheggiata sul bordo della strada. Nel frattempo s’è formato un piccolo capannello di gente che assiste alla scena, c’è anche un uomo alto, coi baffi, che parla coi poliziotti e ha l’aria di essere un loro superiore. Mentre il vigile urbano rasato apostrofa la ragazza - «Mi hai dato un pugno, mi hai dato un pugno! E che c’entra che ero in borghese? I poliziotti dobbiamo essere noi, tutti noi!» - i due agenti in divisa continuano a prendersela col pakistano, che non smette di divincolarsi. Capelli brizzolati, faccia scavata, un corpo magro magro da maratoneta, deve avere una cinquantina d’anni, ma non demorde. Allora uno dei due poliziotti, quello più giovane, un armadio con gli occhi sottili e le mani da gigante, lo sbatte a terra. Poi, in pratica, gli si siede sopra, mentre l’altro lo prende a calci sulla schiena. Infine il pakistano è schiena a terra, e uno degli agenti, chino sopra di lui, gli stringe energicamente la gola, fino a ridurlo al silenzio. «Allora, la smetti?», urla. Quello la smette, sì. È esanime, ha le labbra biancastre. Socchiude gli occhi e si lascia sbattere dentro la volante.

La gente chiede cos’abbia fatto, l’uomo, per meritarsi un trattamento del genere, ma non ottiene risposta. La più agguerrita di tutti è la ragazza. Di anni lei ne avrà meno di trenta, e scuote i suoi ricci con impertinenza. «Non c’è problema – dice ai poliziotti che le intimano di smetterla -, io vengo a testimoniare». Poi arriva un’altra volante, che parcheggia dietro l’altra. Sembra tutto finito. La gente s’allontana, scossa. L’uomo coi baffi, quello che probabilmente è il capo, raccoglie il mazzo di rose che il pakistano ha stretto in mano fino all’ultimo e lo schiaffa nel portabagagli della sua auto di servizio.

Però c’è qualcosa che ai poliziotti non quadra. Nonostante la loro pazienza, nonostante abbiano chiuso un occhio sul “pugno” dato al vigile in borghese, la ragazza, venti metri più in là verso il Colosseo, s’è fermata a parlare con un motociclista che le ha chiesto lumi sulla vicenda. Allora quello coi baffi e uno degli agenti la raggiungono. «Può seguirci, signorina?». «Certo». Ma non c’è nessuna lavata di capo sul posto, né niente. Non le spiegano perché, ma la fanno entrare nell’altra volante. «Dietro?», chiede lei, ancora fiera, ma un po’ sbalordita. «Dietro». E il piccolo corteo parte alla volta del commissariato, la macchina dell’uomo coi baffi davanti e le due volanti dietro.

Già, ma quale commissariato? Prima di andarsene gli agenti spiegano di far riferimento a Colle Oppio, nell’ambito di un’operazione coordinata dal Celio. Ma né in via Petrarca (il commissariato Esquilino, competente per Colle Oppio) né in via Marco Aurelio (sede del Celio) ne sanno nulla. Dicono solo che in questi giorni è in atto un’operazione di controllo anticlandestini, di cui si occupa direttamente la Questura. Ma questo non aiuta a molto, perché anche la Questura dice di ignorare l’episodio. Restando ai fatti, rimane da capire qual è stato l’episodio scatenante, quale il reato di cui s’è macchiato il venditore di rose, se solo il tentativo di fuga dovuto al suo presumibile status di clandestino o altro. Al di là degli interrogativi sulla violenza spropositata compiuta a danno del pakistano e sulla sorte della ragazza senza paura che ne ha preso le difese.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

avvincente. ma quindi il caso resterà irrisolto? fa qualcosa per scoprire come è andata a finire. che ne so, prendi un mazzo di rose, diventa pakistano...

A. ha detto...

Dozzini come Fabrizio Gatti!

giovanni dozzini ha detto...

potrebbe essere un'idea. intanto oggi pomeriggio vado a prendere il sole al lago, così mi scurisco. in realtà avrei voluto fare molto di più, ma mi sono incartato. pensavo di salire con la ragazza, che ha fatto in tempo a dirmi di chiamarsi ilaria, nella volante, ma poi ho creduto fosse meglio aspettare per scriverne da qualche parte. ho corso al commissariato del celio, dietro il colosseo, ho preso due autobus e corso di nuovo fino a quello di colle oppio, dietro piazza vittoria. ma niente. alle nove sono tornato sconfitto a casa. e l'indomani, dopo la reticenza della questura, ho scritto. pareva che sarebbe uscito sull'unità, cronaca di roma. poi niente. e ormai è tardi per provare con manifesto o liberazione. il mio europa, per inciso, di cronaca non si occupa. non so. intanto fate girare il link a questo post, se potete. quei calci sulle costole magre di quel poveretto mi riempiono ancora di rabbia

Anonimo ha detto...

Caro Gio' te se' perso un altro bel concerto. A sto giro le foto sono venute bene!
http://www.flickr.com/photos/14741613@N05/
Merion