martedì 23 novembre 2010

Intervista a Elio


L'intervista a Elio uscita sul Corriere dell'Umbria di sabato scorso, 20 novembre.


Elio è Gian Burrasca. Lo spettacolo diretto da Lina Wertmuller che domani sera concluderà al Morlacchi l’edizione 2010 di Immaginario Festival si intitola così, ma il concetto è un po’ riduttivo. Perché Elio, semmai, è anche Gian Burrasca. Nello spettacolo, innanzitutto, dove, accompagnato dal suo quintetto di musicisti provetti, interpreta tutti i personaggi principali della storia scritta da Vamba cento anni fa e passa. E poi, certo, fuori dallo spettacolo. Basta accendere la tv, fare un giro su internet: Elio di qua, Elio di là. A teatro con la Wertmuller, a X-Factor, ancora a teatro con Fu…turisti. Lo soffrirà, un po’, lo stress?

“Di certo sono tante cose”, dice lui. “Ma è una mia scelta, non posso farne a meno. D’altronde ci sono abituato da quando ero piccolo. La scuola, la musica, l’università, facevo sempre due o tre cose contestualmente. Ma tra un mese stacco e mi prendo un po’ di riposo”.

Già martedì si conclude la tua prima esperienza da giudice di X-Factor. “Vado perché è uno dei pochi modi per parlare di musica in tv, e le cose vanno cambiate dall’interno”, avevi più o meno detto all’inizio. Ora che siamo quasi alla fine credi di esserci riuscito, a cambiare un po’ le cose?

“È chiaro che non si cambia tutto in un attimo. Però anche solo a guardare i cantanti della mia squadra credo che qualcosa lo abbiamo fatto. Uno come Nevruz, per esempio, non s’era mai visto prima. Piaccia o non piaccia, s’è imposto. E grazie a lui siamo riusciti a portare in prima serata un pezzo degli Area, Ivan Graziani, Rino Gaetano. Il Balletto di Bronzo, di cui non si parlava da quarant’anni. Addirittura una canzone tratta da un film di Pasolini. E poi anche Nathalie va forte. Pure con lei vediamo qualcosa di nuovo. Ha cantato Joni Mitchell, il suo inedito è ottimo. Pare che si sia scoperto improvvisamente che in televisione si possono cantare anche canzoni belle”.

E un sondaggio fatto da Swg per Donna Moderna rivela che sei il giudice più apprezzato.

“Non so quanto sia attendibile. Secondo me, per esempio, il più amato è Mara. E in sé mi interessa poco, ovvio. Però si tratta di un segnale: non è vero ciò che dicono, il pubblico vuole la qualità”.

Lo rifarai, X-Factor?

“Prima bisogna vedere se lo rifà la Rai. Coi tempi che corrono, coi soldi che mancano, ho i miei seri dubbi. Detto questo, se lo rifanno, lo rifaccio anch’io. L’esperienza m’è piaciuta. Specie nelle ultime due settimane”.

In tv, comunque, ogni tanto riesci ad andarci anche fuori da X-Factor. Dalla Dandini a Parla con me, per esempio. Le vostre parodie musicali sono geniali. Prendi il Waka Waka-Bunga Bunga. Uno vi immagina la mattina che leggete i giornali e decidete che canzone rifare, e come rifarla. E la sera, il pezzo è già pronto, e perfetto. Ma come ci riuscite?

“Poche ore prima della trasmissione ci sediamo con gli autori, vediamo cosa dice l’attualità e ci mettiamo a lavorare sulla canzone. E il Waka Waka non era la cosa migliore che abbiamo fatto, credo. Semplicemente, l’argomento era sulla bocca di tutti, per cui ha avuto grande successo”.

Capitolo Gian Burrasca. Come nasce l’idea?

“Sei o setta anni fa recitavo in uno spettacolo teatrale della Wertmuller. A un certo punto, parlando, lei mi rivela che non solo era stata la regista dello sceneggiato tv con la Pavone, ma aveva scritto anche tutte le canzoni, musicate dal grandissimo Nino Rota. Superato lo shock, ho subito avuto l’idea di uno spettacolo in cui si cantassero tutti i brani insieme. Dopo qualche anno l’ho proposto a Lina, e lei ha accettato con entusiasmo. A giudicare dal pubblico che viene a vederci, da quanto è e da quanto è coinvolto e felice, funziona. È un’ulteriore conferma del fatto che al pubblico piacciono le cose belle. Anzi, le vuole. A noi sta proporle in modo appetibile. Restando sul gastronomico, diciamo che non basta usare ingredienti buoni. Bisogna cucinarli e servirli nel modo giusto. È quel che io cerco di fare”.

Ma c’è più Vamba o più Rita Pavone, nel tuo Giannino Stoppani?

“Direi un terzo, un terzo e un terzo. C’è Vamba e c’è la Pavone. Ma c’è anche un po’ di mio”.

Tra pochi mesi fai cinquant’anni. Ci pensi già?

“Molto. E non è per niente bello. Ma mi consolo pensando che quando ero piccolo uno di cinquant’anni era quasi un vecchio. Ora a cinquant’anni si possono fare cose impensabili. E poi, se c’è chi a settantaquattro va ancora a donne – e quante!-, c’è speranza anche per il futuro”.

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