lunedì 16 luglio 2007

fiastra

arrivi in questo posto che sono quasi le dieci di sera. l'orizzonte, sopra le gobbe scure dei monti, è tutto un rincorrersi di sfumature che vanno dal rosa al blu. a far notte completamente ci mette poco, qualche decina di minuti. gli altri, quelli che sono qui già da metà pomeriggio, hanno sistemato le tende, imbandito la tavola, preparato il barbecue. c'è un po' di venticello, meno di quanto non fosse fino a poco prima, ti assicurano. comincia così. continua con salsicce e puntarelle alla brace mangiate con le mani e vino rosso trangugiato al buio. con caffè bevuti in due sorsi, limoncelli e montenegro, con qualcuno che fuma, qualcuno che no. poi occorre pensare alla tenda, alla tua tenda, quella che al momento se ne sta stipata in una specie di sacca da tennis. e allora tu ti limiti a capire da che verso cominciare, dopo un rompicapo sulle istruzioni durato mezz'ora, lasciando agli altri il lavoro pratico, che tanto mica ti riuscirebbe bene. quando la tenda è finalmente in piedi, enorme, come una basilica laica di tela, è quasi mezzanotte, e fa un freddo non più sostenibile. tutti dentro, allora, nell'anticamera della nuova tenda, a continuare a bere, e fumare, e a parlare di egizi, anima e cazzate. vai a letto che sono quasi le tre, e si gela, letteralmente. ti infili sotto il sacco a pelo che ti fa da coperta, con addosso t-shirt, maglietta, felpetta e calzini. non puoi credere che il tuo naso sia davvero così freddo, a metà luglio, a queste latitudini. intorno a te dei perugini involuti suonano i bonghi e urlano e non danno l'impressione di voler smettere prima dell'alba. in realtà si fermano piuttosto presto. allora tu, incredibile, riesci ad addormentarti. stai scomodo, hai freddo, c'è luce e rumore, ma tu dormi. il fatto surreale è che un secondo dopo, apparentemente, ti svegli boccheggiando, e sei costretto a toglierti di dosso tutti i vestiti che puoi. rimani in maglietta e mutande, e fatichi a respirare. accendi il cellulare, e sono solo le 7.40. pensi che preferiresti morire. però, contro ogni logica, ti ristendi con la testa dove prima c'erano i piedi, e dormi altra mezz'ora. poi ti svegli di nuovo, stavolta, lo capisci subito, per non riaddormentarti più. infili i pantaloni corti, controlli che la tua compagna di sonno non sia soffocata ed esci. lo scenario è notevole. tiri fuori una sedia di plastica dall'anticamera della tenda e la metti fuori, sul prato, all'ombra. decidi di contemplare un po'. i monti, il cielo, lo spicchio di lago che intravedi. il bambino di mezzo metro che poco più in là cade di lato con la testa dentro al secchiello. arriva un cane gigante, nero, a pelo corto. ti annusa e quasi non ti spaventa. ti chiedi quale sia stato l'attimo esatto in cui la temperatura sia passata da cinque a trentacinque gradi. la cosa ti sconvolge e ti affascina. stavolta, per lo meno, il barrista non c'eva la bamba. e nonostante tutto, riesci a non sentirti male. esperienze del genere, quelle che cozzano con ogni parvenza di ragionevolezza, ogni tanto vanno fatte. se non altro per poterle raccontare. ma ora, testaccio. in attesa di sentirmi dire da nasic che una di queste sera ci porterà a mangiare ali castelli, dal buon vecchio injejer.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

bel post gionni. alessio

Matteo Tacconi ha detto...

Al fiastra, non c'è un cazzo da fa', succede sempre qualcosa. Nel bene e nel male. Vorrei segnalare che il blog di Bozzi potrebbe tranquillamente essere chiuso. O no?

tri

Anonimo ha detto...

Fino alle 12:00 sarò solo in questo ufficio spropositato,dopo andrò a prendere un cappuccino.In tutto ciò bel post Gozzi, m'è piaciuto leggere il racconto e del campeggio, me sa che stesera te chiamo, domani nite giù?E' bello comen dal mio monitor compaia Matteo Tacconi hat gesagt non ha detto,non capisco come facciano stabilire in che lingua far comparire le cose sul monitor

Anonimo ha detto...

nasic bofonchia, ma lavoreremo per facce portà giù. "ma n'n è meglio se viene focaia e andamo a san lorenzo?", dice con la sua ritrovata verve giovanile. tra l'altro, stamattina ho aperto il conto alla deutsche. a doppe, injejer